Le scale di equivalenza

Le scale di equivalenza

Per capire meglio questo grosso difetto dell’ISEE, ci aiutiamo con la tabella che segue, che mette a confronto il peso che viene dato ai figli in Italia con l’ISEE, rispetto alla Francia con il Quoziente Familiare:

Come si può evincere dalla tabella, la differenza tra l’Italia, paese che si contraddistingue per la bassa natalità e la mancanza di politiche per la famiglia, il peso dei figli decresce al loro aumentare, al contrario della Francia, dove, guarda caso, le politiche familiari sono particolarmente evolute e l’indice di natalità è vicino ai 2 figli per donna.

E doveroso precisare che la scala di equivalenza italiana è stata marginalmente modificata dalla revisione dell’ISEE, apportando però integrazioni assolutamente minimali (massimo 0,10 per figlio per le famiglie con 5 figli, minimo 0,066 per le famiglie con 3 figli, oltre ad una integrazione complessiva dello 0,2 se presenti minori di 3 anni in particolari situazioni).

Anche dopo la riforma, quindi, permane l’ingiustizia dell’ISEE: il peso dato ai figli, non è allineato all’effettiva incidenza che gli stessi hanno rispetto alla riduzione del potere di acquisto della famiglia.

Alla base di questa iniquità c’è un problema metodologico, ripetutamente denunciato dal mondo dell’associazionismo familiare: le scale di equivalenza sono state costruite sulla base dei costi di mantenimento (che tengono conto solo del mangiare e dormire) e non su quelli di accrescimento, che comprendono tutte le altre spese effettivamente sostenute per la crescita dei figli.

In mancanza di riscontri da parte dei vari Governi nel frattempo succedutisi, come spesso avviene in questi casi, la soluzione è partita dal basso, a livello locale, e proprio da Parma.

Il prossimo capitolo: Il Quoziente Parma

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